Visualizzazioni totali

Visualizzazione post con etichetta Recensione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Recensione. Mostra tutti i post

sabato 1 marzo 2014

BLIZZARD OF OZZ



Nel 1979 il "Re delle tenebre" John Michael Osbourne (per tutti OZZY)
viene licenziato dai Black Sabbath.
Per il suo esordio da solista, l'anno successivo, il Madman recluta
un giovane virtuoso della sei corde, il californiano Rhandy Rhoads, autore fino
a quel momento di due albums con i Quiet Riot passati pressochè inosservati.
Per la sezione ritmica la scelta cade sul bassista Bob Daisley (ex-Rainbow)
e sul batterista Lee Kerslake (ex-Uriah Heep).
Con l'ausilio del tastierista Don Airey la formazione è completa.
Il 20 settembre 1980 esce "Blizzard of Ozz", un album strepitoso.
L'istrionico cantante è in ottima forma, nonostante i vizi e gli abusi
per cui è famoso, e Randy Rhoads dimostra di avere un feeling
e una carica non comuni.
L'opener "I don't know" è assolutamente devastante. Il brano si regge
quasi esclusivamente sul riff di chitarra e sul ritornello ipnotico e irresistibile.
La successiva "Crazy train" diventerà in breve tempo uno dei classici di Ozzy
nonchè uno dei brani simbolo dell'Heavy Metal.
Il solo di chitarra è uno dei tanti capolavori del biondo chitarrista.
L'immancabile, per quei tempi, ballad si intitola "Goodbye to romance" e si tratta
di un altro bersaglio centrato. Uno dei più bei lenti di sempre.
Il breve intermezzo strumentale "Dee" scritto da Rhoads serve solo a spezzare il ritmo
e a dimostrare ancora una volta la classe immensa di Randy.
Il brano verrà riproposto in versione completa nel 1987 sul "Tribute Album"
dedicato al chitarrista scomparso in modo tragico qualche anno prima.
"Suicide Solution" è una canzone dirompente e porterà non pochi problemi
al cantante di Birmingham a causa del suo testo. Un testo per molti autobiografico
dove si parla della schiavitù causata dall'alcool e di come il suicidio possa essere,
in alcuni casi, una soluzione al problema.
Niente di tutto questo naturalmente ma quando parte la macchina del fango
e delle illazioni è sempre difficile fermarla.
La facciata B (cari, vecchi dischi in vinile) si apre con "Mr.Crowley".
Probabilmente il capolavoro dell'album nonchè una delle canzoni più famose di Osbourne.
E' il brano che più ricorda i Black Sabbath. Atmosfera plumbea e testo ispirato
dalle opere del famoso occultista britannico Aleister Crowley.
Un tappeto di tastiere dà il via al pezzo e provoca i brividi.
La canzone si chiude con l'ennesima perla di Rhandy Rhoads;
Un assolo interminabile che diventerà termine di paragone e banco di prova
per tutti i chitarristi negli anni a venire.
"No bone movies" è la canzone più anonima dell'album.
Non un vero è proprio riempitivo ma certamente lontano dalle vette di tutti
gli altri brani.
Tocca ora a "Revelation - Mother Earth".
Canzone stupenda dal testo ecologico-pacifista.
Un evidente j'accuse nei confronti dell'umanità per gli orrori
che provoca e per i danni causati al pianeta terra.
Forse il pezzo strumentalmente più vario e complesso dell'intero lavoro.
La conclusiva "Steal away (the night)" è Heavy Metal puro
e dichiara la fine delle ostilità.
Poco meno di 40 minuti per un album immortale che sancì il ritorno sulle scene
di Ozzy dopo le vicissitudini "sabbathiane".
Un'opera di sublime fattura che rivelò al mondo il genio sfortunato
di Rhoads e che dimostrò, senza ombra di dubbio, come il buon vecchio Ozzy
avesse ancora molto da dare al mondo della musica.
"Blizzard of Ozz" fu registrato nuovamente nel 2002
con le parti di Kerslake e Daisley ri-suonate da Mike Bordin dei Faith No More
e Robert Trujillo futuro Metallica.

Voto : 5/5






venerdì 12 aprile 2013

UNBREAKABLE


Questo album uscito nel 2004 fu una piacevole sorpresa per il sottoscritto.
Niente di clamoroso sia chiaro ma dopo l'orrendo "Eye II Eye", rilasciato
cinque anni prima, mi ero ripromesso di non ascoltare nient'altro
di quanto gli Scorpions avrebbero proposto in futuro per non cancellare
in modo definitivo le emozioni che il glorioso gruppo tedesco
mi aveva regalato nei primi anni della mia vita da "metallaro".
E invece "Unbreakable" si rivelò un buon lavoro; frizzante e carico
al punto giusto. Lo so anche io che gli scorpioni non indovinano una
hit planetaria dal 1991 ("Wind of change" of course, chi di voi non
l'ha fischiettata almeno una volta alzi la mano!) e difficilmente riusciranno
a scrivere una nuova "Dynamite" o un'altra "Still loving you" (una delle
5-6 migliori ballad di sempre a mio parere), ma in questo cd
le belle canzoni non mancano.
Le mie preferite sono l'opener "New generation", la ritmata "Love'em or leave'em",
"Deep and dark" e "My city, my town".
Non male nemmeno la seconda ballad presente "She said";
ben lontana dai capolavori del passato ("Holiday", "Always somewhere",
"When the smoke is going down", "Lady starlight"... devo continuare?)
ma decisamente superiore alla scialba e prevedibile "Maybe I, maybe you".
Non tutto in questo album fila alla perfezione ("Can you fel it" e "This time"
sono francamente bruttine) ma in definitiva ritrovammo una band storica
ancora in buona salute e capace di ripresentarsi a testa alta nell'affollato
mondo musicale dell'epoca.
Qualche filler in meno e un hit al livello dei pezzi storici
e si sarebbe gridato al miracolo.

Voto : 3/5


 

giovedì 9 agosto 2012

THE SHAPE OF THINGS TO COME


Dimenticatevi i vecchi Clairvoyants; quelli famosi per essere una (ottima) cover band
degli Iron Maiden.
Il combo lombardo, giunto al secondo lavoro dopo l'esordio con Word to the wise,
si conferma come una delle più interessanti realtà musicali della penisola.
Abbandonate quasi definitivamente le influenze di Steve Harris e soci,
i Clairvoyants con questo "The shape of things to come" si spostano verso lidi
più hard rock senza per questo tralasciare del tutto il buon caro Heavy Metal
puro degli esordi.
Che qualcosa sia cambiato lo si intuisce fin dall'inizio con la bella "No need to surrender",
ottime melodie su un ritornello efficace che strizza l'occhio ai migliori Edguy.
A seguire, il mid-tempo di "I don't believe their lie" dimostra come il nuovo corso
della band sia incentrato su diverse soluzioni stilistiche.
Con "Endure and survive" (che io avrei intitolato "I carry on"....) ci troviamo di fronte
a un altro bersaglio centrato. Probabilmente il miglior chorus dell'intero lavoro.
Dopo un trittico del genere sarebbe difficile per chiunque fare di meglio.
A questo punto, i ragazzi piazzano la prima ballad: "Just the same story".
Senza infamia e senza lode.
La title-track è forse il pezzo che più si avvicina agli stilemi della "Vergine di Ferro"
grazie a una bella "cavalcata" nel pre-chorus. Pezzo discreto ma non il migliore del lotto.
I due brani successivi "Prometheus" e "The only way out is through", a mio modesto parere,
sono i meno riusciti. Grande sfoggio di tecnica ma poco feeling e anche dopo ripetuti ascolti
non mi "entrano" in testa.
Il secondo lento "Sinner's tale", scritto interamente dal vocalist Gabriele Bernasconi (autore di
tutti i testi del cd), è di tutt'altro livello; inizio chitarra acustica e voce di grande atmosfera per un brano
malinconico e bellissimo.
"To heaven and back" e "Here today,gone tomorrow" sono Heavy Metal al 100%
per ricordarci le origini della band ed il fatto che "il primo amore non si scorda mai".
I brani ideali per condurci alla perfetta chiusura di questo interessante lavoro.
La closing-track "Horizon calling" è, al momento, la mia preferita.
Quasi nove minuti nei quali i nostri esprimono tutte le loro capacità per un brano,
dalle sonorità power-prog, accostabile a certe cose di Angra e Symphony-X
pur senza gli iper-tecnicismi (a volte fini a sè stessi) dei gruppi sopra citati.
In definitiva un lavoro ben fatto, certo lontano dai capolavori del genere ma di ottimo auspicio
per il futuro della band italica. L'unico punto di paragone che  mi è venuto in mente
durante l'ascolto del cd è quello con i Masterplan di Grapow e Lande.
Naturalmente questo fatto è da leggersi in modo assolutamente positivo
e non come una mancanza di personalità.
Nota di merito per il chitarrista Luca Princiotta, autore di tutte le musiche, capace di assoli
relativamente semplici ma molto vari e di sicuro impatto.
La corsa al podio delle band nostrane (attualmente i tre posti sono occupati da
Rhapsody, Domine e Lacuna Coil) è difficile e piena di insidie ma sono certo che i
Clairvoyants odierni hanno tutte le possibilità per partecipare alla competizione.

Voto : 4/5


www.clairvoyants.it













venerdì 29 giugno 2012

RITUAL


Esattamente dieci anni fa usciva il primo, capolavoro assoluto, dei brasiliani Shaman.
Non un fulmine a ciel sereno visto che dietro il monicker si nascondevano 3 ex-Angra
(Andrè Matos, Luis Mariutti e Ricardo Confessori) appena fuoriusciti dal combo carioca.
"Ritual" sarebbe stato il perfetto successore di due gemme quali "Angels cry" e "Holy Land".
Il risultato è straordinario. Definirlo un lavoro Power Metal è riduttivo
visto che nelle dieci tracce presenti troviamo di tutto.
Folk, progressive, musica etnica, ritmi tribali....
L'inizio è sfolgorante: dopo una lunga e suggestiva intro parte "Here I am", una cavalcata
metal che fa impallidire centinaia di bands dedite al genere.
Subito dopo è la volta di "Distant thunder" e anche questa volta non c'è scampo;
un riffing serratissimo e un Andrè Matos sugli scudi per uno dei pezzi meglio riusciti
dell'intero album.
"For tomorrow" è un'altra perla. Un flauto andino riporta alla mente melodie
indio/peruviane che fanno da incipit perfetto per una song dal forte impatto emotivo.
La seconda parte si attesta su livelli più che accettabili ma lievemente inferiori
("Over your head" è un pò ripetitiva e le conclusive "Ritual" e "Pride" pur essendo
ottime canzoni non aggiungono nulla di nuovo a quanto già sentito).
Resta il rammarico per lo split avvenuto all'epoca in casa Angra tra i due fenomenali
chitarristi (Rafa Bittencourt e Kiki Loureiro) e i tre Shaman.
Il drummer Ricardo Confessori è da poco rientrato alla casa madre; il sostituto di Matos
(il bravo Edu Falaschi) ha appena annunciato la sua uscita.
Cosa manca per un finale degno di questo nome?
REUNION!!!


venerdì 4 maggio 2012

NEED TO BELIEVE


A poco più di un mese dall'uscita del nuovo "Firebirth" ascolto e ri-ascolto
il bellissimo "Need to believe"; quello che per un destino maledetto resterà
l'ultima testimonianza su album del grandissimo Steve Lee.
Il lavoro in questione, uscito nel 2009, non fa che confermare l'incredibile
bravura dei Gotthard. Sottovalutati inspiegabilmente dal grande pubblico
sono una delle migliori hard-rock band del mondo.
Le coordinate stilistiche del gruppo sono quelle di sempre; siamo dalle parti
di Aerosmith, Bon Jovi (quello buono degli anni 80-90 chiaramente),
Whitesnake e gli Scorpions più melodici.
Non ci sono "filler" nelle 11 tracce presenti, solo grandi canzoni e splendide
melodie. Difficile scegliere un pezzo piuttosto che un altro ma se devo suggerirne
qualcuna in particolare direi l'opener "Shangri-la", la fantastica "Unspoken words",
la ruffiana "I know, you know" e la rocciosa "I don't mind".
Ciliegina sulla torta le due ballads presenti: "Tears to cry" e, soprattutto,
"Don't let me down" sono diamanti purissimi.
Inevitabile l'ennesimo disco di platino in patria.

Voto : 4/5

martedì 24 aprile 2012

AQUA


Non ci siamo! Con questo Aqua i brasiliani Angra sfornano il peggior lavoro
della loro, ormai ventennale, carriera.
Il rientro in formazione dello storico drummer Ricardo Confessori e i quasi quattro anni
di gestazione lasciavano ben sperare. Invece il risultato lascia alquanto insoddisfatti.
Abbandonato definitivamente il symphonic-power degli esordi i cinque carioca hanno
decisamente svoltato verso un prog iper-tecnico ma privo di mordente.
Un solo pezzo raggiunge la sufficienza ed è l'opener "Arising thunder"; non per niente
è l'unica canzone del lotto a ricordare vagamente l'atmosfera di vecchi cavalli di battaglia
quali l'immortale "Carry on", "Nothing to say" e "Nova era".
Considerando la malavoglia dimostrata ultimamente dal pur bravo Edu Falaschi come
non sperare nel ritorno in squadra di Andrè Matos per risollevare le sorti di una band
che tante soddisfazioni ci aveva regalato in passato?

Voto : 2/5

lunedì 16 aprile 2012

AURORA CONSURGENS


Questo album del 1996 (il sesto in studio per la band brasiliana) ci riconsegna(va)
gli Angra in ottima forma dopo il mezzo passo falso di "Temple of shadows".
Si tratta del terzo album post-Matos quindi  ne abbiamo abbastanza per definire le nuove
coordinate stilistiche del gruppo. Dopo l'ottimo (per quanto derivativo) Rebirth
i carioca spingono l'acceleratore sulle parti prog lasciando da parte il power
degli esordi e anche le influenze etnico-tribali che avevano fatto la fortuna dei loro
due capolavori "Angels cry" e "Holy Land".
Almeno quattro le canzoni degne di nota: l'opener "The course of nature",
la veloce "Salvation : suicide" (erede della splendida Z.I.T.O. da "Holy Land"),
"So near, so far" e, soprattutto, la fantastica "The voice commanding you".
Purtroppo le ballads presenti non sono all'altezza della situazione e
abbassano di molto la qualità del cd;
il che mi costringe a togliere un punto al giudizio finale.

Voto : 3/5

giovedì 10 novembre 2011

NATURA UMANA


A quasi diciassette anni dall'uscita del bellissimo "Destinazione Paradiso", che lo aveva rivelato
al grande pubblico, torna Gianluca Grignani con il nuovo album,
il nono in studio per lui, "Natura Umana".
Ad un primo ascolto i brani migliori sembrano il singolo di lancio
"Un ciao dentro un addio", "Sguardi" e "Le scimmie parlanti".
Per quanto riguarda il sound proposto siamo di fronte alle solite, ottime,
composizioni alle quali il Grigna ci ha abituato in questi ultimi anni.
Lasciate da parte, purtroppo, le sperimentazioni di "La fabbrica di plastica"
(capolavoro!!!) e "Campi di popocorn" (meno riuscito) lo stile del nostro è immutato da tempo:
romantiche ballads alternate a pezzi più energici e "rokkeggianti".